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Mediazione immobiliare: il compenso è dovuto anche in caso di recesso del venditore?

  • Immagine del redattore: Studio legale De Biase
    Studio legale De Biase
  • 8 feb 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Cass. civ., sez. II, sent. n. 19565/2020.

Laddove il venditore, dopo aver conferito l'incarico di alienare l'immobile ad un'agenzia immobiliare, eserciti il diritto di recesso, è dovuto il corrispettivo pattuito in contratto?

In particolare, può riconoscersi natura vessatoria alla clausola che determini il corrispettivo dovuto all'agente immobiliare in caso di recesso?

Due privati affidavano l'incarico di vendita dell'immobile di proprietà ad un'agenzia immobiliare, prevedendo in contratto la facoltà di recesso per i venditori e, in tal caso, la corresponsione al mediatore dell'1% del prezzo di vendita stabilito.

Nella fattispecie, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:

"La clausola che attribuisca al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di recesso del venditore può presumersi vessatoria quando il compenso non trovi giustificazione nella prestazione svolta dal mediatore, essendo compito del giudice di merito valutare se una qualche attività sia stata posta in essere dal medesimo attraverso condotte propedeutiche e necessarie per la ricerca di soggetti interessati all’acquisto del bene".
"Si presume vessatoria la clausola che consenta al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore, se quest’ultimo non conclude il contratto o recede dallo stesso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal primo il doppio della somma corrisposta ove sia egli a non concludere il contratto oppure a recedere".

In motivazione, la Corte, dopo aver ricostruito il complesso normativo derivante dalle disposizioni dettate in favore del consumatore dal Codice del Consumo, nel sindacare la decisione del giudice di merito, ha rilevato come l'accertamento sulla vessatorietà della clausola costituisce un dovere officioso del giudice, tenuto a rilevare, anche d'ufficio, la nullità di una clausola che, nel contratto concluso tra il consumatore e il professionista, determina, a carico del primo, un significativo squilibrio di diritti ed obblighi derivanti dal contratto.

In particolare, il giudice di merito aveva reputato non squilibrata in favore del professionista la clausola, sia perché l'indennità dell'1% per il diritto di recesso era stabilita anche a carico dell'agenzia sia perché oggetto di trattativa tra le parti.

Nel cassare la sentenza impugnata, i giudici di legittimità hanno invece statuito che il compenso andava parametrato all'attività concretamente svolta dal mediatore che, in relazione al breve lasso temporale intercorrente tra la conclusione del contratto e l'esercizio del diritto di recesso, meritava di attenta valutazione da parte del giudice di merito.

Secondo gli Ermellini, la clausola contrattuale, che riconosce il diritto al compenso in via automatica, se svincolata dall'effettivo svolgimento dell'attività di ricerca dei terzi interessati all'affare e delle attività ad esso propedeutiche, conduce al risultato di costruire, in favore dell'agente immobiliare, una "rendita di posizione", andando ad incidere negativamente sull'equilibrio contrattuale nel rapporto tra consumatore e professionista ex art. 33 del Codice del Consumo.

Pertanto, la Corte, richiamando l'orientamento espresso da Cassazione, sez. III, del 3.11.2010, n. 23357, conclude affermando che il principio che demanda al giudice di merito la valutazione della vessatorietà della clausola che prevede un importo eccessivo, in favore del mediatore, nell'ipotesi di mancata conclusione dell'affare, deve essere esteso anche nel caso in cui sia stato esercitato il diritto potestativo di recesso.

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